23 ottobre 2011

Simmo’ e Napule paisà

Era il 1944, il grande conflitto mondiale volgeva al termine, per i tipi della Casa editrice musicale napoletana La Canzonetta, vedeva la luce una nuova melodia: “Simmo’e Napule paisà”.
  La canzone, una tarantella il cui  testo  era di Peppino Fiorelli e la musica di Nicola Valente, ebbe negli anni a venire  una notevole fortuna, perchè interpretata da moltissimi cantanti, tra cui forse per primo l’italo-americano Jimmy Roselli, ma anche da molti napoletani e non, famosi come Fausto Cigliano, Roberto Murolo, Claudio Villa, Peppino Di Capri, Massimo Ranieri etc., ma  soprattutto fu famosa per il periodo in cui era nata e per il messaggio di pace che trasmetteva a Napoli e al mondo che usciva da una guerra disastrosa dove non c’erano stati nè vincitori nè vinti per le molte incertezze sul futuro.
  Simmo’e Napule paisà rappresentò comunque quell' ottimismo, quella  spensieratezza e speranza per un futuro migliore, colori di vita che ancora oggi dovrebbero esserci? 
   Ma...era il 1944.
  Possiamo oggi affermare che a distanza di oltre 60 anni ancora in tutto il mondo non vi sono che guerre, interi popoli affamati al limite della sopravvivenza il cui guadagno settimanale, quando esiste, non supera il dollaro,  popoli dove  le malattie falcidiano e non fanno superare l’età media di 30 anni e quindi che non molto sia cambiato da allora??
  Dati statistici fanno presumere che nei paesi occidentali cos. civili,  una donna che oggi ha 75 anni ha buone prospettive per vivere fino a 100 anni, e molti sono i centenari nei paesi occidentali.
  Riproporre la lettura e l’ascolto di  Simmo’e Napule paisà potrebbe sembrare anacronistico se non considerassimo lo spirito che allora rappresentò quella canzone che purtuttavia lascia l'amarezza e la nostalgia dell'epoca, ma che oggi a distanza di tanto tempo può facilmente essere riproposta con una semplicità sconcertante.

                      Simmo'e Napule, paisà


Tarantella facennoce 'e cunte,                   Tarantella, facendoci i conti,  
nun vale cchiù a niente                               non serve più a niente
'o ppassato a penzà                                      pensare al passato.

Quanno nun ce stanno 'e tramme,              Quando non ci sono i tram
na carrozza è sempe pronta                          una carrozza è sempre pronta                    
n'ata all'angolo sta già.                                  un'altra all'angolo c'è già.
Caccia, oje nénna, 'o crespo giallo               Tira fuori, o donna, lo scialle giallo,
miette 'a vesta cchiù carella                           indossa la veste più carina,
cu na rosa 'int ' capille                                    con una rosa tra i capelli,
saje che 'mmidia 'ncuoll' a me.                       vedrai che invidia su di me.

Tarantella, facènnoce 'e cunte,                      Tarantella, facendoci i conti,
nun vale cchiù a niente                                   non serve più a niente
"o ppeccomme e 'o ppecchè".                        "il percome ed il perché"

Basta ca ce sta 'o Sole,                                     Basta che c'è il sole,
ca c'è rimasto 'o mare,                                      che c'è rimasto il mare,
na nénna a core a core,                                    una ragazza cuore a cuore,
na canzone pe' cantà.                                       una canzone da dantare.
Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,                  Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto,
chi ha dato, ha dato, ha dato,                         chi ha dato, ha dato, ha dato,
scurdàmmoce 'o ppassato,                              dimentichiamoci il passato,
simmo 'e Napule paisà.                                     siamo di Napoli compaesani.

Tarantella, stu munno è na rota,                       Tarantella, questo mondo è una ruiota
chi saglie 'a sagliuta,                                            chi sale la salita,
chi sta pe' cadé                                                   chi sta per dadere.

Dice buono 'o mutto antico,                              Dice bene il detto antico,                   
ccà se scontano 'e peccate,                               Qua si scontano i peccati
ogge a te, dimane a me.                                      oggi a te, domani a me.

Io, nu poco fatto a vino,                                    Io, un po' ubriaco
penzo ò mmale e penzo ò bbene,                      penso al male e penso al bene,
ma 'sta vocca curallina                                       ma questa bocca corallina
cerca 'a mia pe' s' 'a vasaà.                                 cerca la mia per baciarsela

Tarantella, si 'o munno è na rota,                     Tarantella, se il mondo è una ruota,
pigliammo 'o minuto                                            cogliamo il minuto
che sta pe' passà.                                                che sta per passare.

Basta ca ce sta 'o Sole,                                        Basta che c'è il Sole
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Tarantella, 'o cucchiere è n'amico,                      Tarantella, il cocchiere è un amico:
nun 'ngarra cchiù 'o vico                                      non trova più il vicolo
addo' mm'ha da purtà.                                           dove deve portarmi.

Mo redenno e mo cantanno,                                Ora ridendo e ora cantando,
s'è scurdato 'o coprifuoco,                                    ha dimenticato il coprifuoco,
vò' surtanto cammenà.                                           vuole solo camminare.

Quanno sta a Danta Lucia,                                      Quando arriva a Santa Lucia,                  
"Signurì"                                                                   "Signori"
nce dice a nuje                                                           dice a noi
"ccà nce steva 'a casa mia,                                       "qui c'era casa mia,
sò' rimasto surtant''i".                                                sono rimasto solo io".

E chiagnenno, chiagnenno, s'avvia                         E piangendo, piangendo, si avvia,,
ma po', a nustalgìa,                                                     ma poi, la nostalgia,
fa priesto a fernì.                                                         fa presto a finire.

Basta ca ce sta 'o Sole,                                               Basta che c'è il Sole,
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17 ottobre 2011

ECCLESIASTE 4, 1-13


1 Mi son messo poi a considerare tutte le oppressioni che si commettono sotto il sole; ed ecco, le lacrime degli oppressi, i quali non hanno chi li consoli e dal lato dei loro oppressori la violenza, mentre quelli non hanno chi li consoli. 2 Ond’io ho stimato i morti, che son già morti, più felici de’ vivi che son vivi tuttora; 3 è più felice degli uni e degli altri, colui che non è ancora venuto all’esistenza, e non ha ancora vedute le azioni malvage che si commettono sotto il sole. 4 E ho visto che ogni fatica e ogni buona riuscita nel lavoro provocano invidia dell’uno contro l’altro. Anche questo è vanità e un correr dietro al vento. 5 Lo stolto incrocia le braccia e mangia la sua propria carne. 6 Val meglio una mano piena di riposo, che ambo le mani piene di travaglio e di corsa dietro al vento. 7 E ho visto anche un’altra vanità sotto il sole: 8 un tale è solo, senz’alcuno che gli stia da presso; non ha né figlio né fratello, e nondimeno s’affatica senza fine, e i suoi occhi non si sazian mai di ricchezze. E non riflette: Ma per chi dunque m’affatico e privo l’anima mia d’ogni bene? Anche questa è una vanità e un’ingrata occupazione. 9  Due valgon meglio d’un solo, perché sono ben ricompensati della loro fatica. 10 Poiché, se l’uno cade, l’altro rialza il suo compagno; ma guai a colui ch’è solo, e cade senz’avere un altro che lo rialzi! 11 Così pure, se due dormono assieme, si riscaldano; ma chi è solo, come farà a riscaldarsi? 12 E se uno tenta di sopraffare colui ch’è solo, due gli terranno testa; una corda a tre capi non si rompe così presto. 13 Meglio un giovinetto povero e savio, d’un re vecchio e stolto che non sa più ricevere ammonimenti